mercoledì 2 dicembre 2020

 A pochi passi da me, gioioso e annunciatore, ci siamo guardati curiosamente! Una magia, unica, il regalo più bello che potevate farmi!



Grazie Frau Holle







sabato 26 gennaio 2019

🍂 MADRE 🍂

"Il vento è mia madre
io sono sua figlia,
le mie vene il suo respiro,
fiduciosa della sua saggezza
guida i miei passi
tuo riflesso, tuo strumento"


venerdì 11 gennaio 2019

LE ANTICHE DONNE

Oggi stavo leggendo questo libro di Haria e mi ha colpito molto questa parte; ci si rende conto di quante maschere, quanta cattiveria, invidia ci sono attorno a noi costantemente. Quanta gente non si rende conto che non vive la propria vita, ma illusioni, una vita vuota.. che crede si sapere, conoscere, ma non sa nulla...

"Il potere delle antiche donne della regola era grande, sicuro, e maggiore del nostro di quest'era, sotto certi aspetti; ma proprio perché lo era, quelle donne erano più esposte alla persecuzione del 'mondo vuoto'. Perché più hai talento e più il 'mondo vuoto' ti ripudierà, ti schernirà, cercherà di umiliarti, di annullarti in tutti i modi e con tutti i mezzi. E' ciò che fecero gli uomini di allora: consci del 'talento', o potere, di quelle donne, ne ebbero invidia, poi paura, infine terrore si coalizzarono per annientarlo.
L'errore delle donne della regola era stato non fare nulla per nasconderlo; forse erano troppo fiere del loro bagaglio di conoscenza o forse sottovalutarono l'odio degli uomini.
Figliola, guardati dall'odio per l'odio come dall'amore per l'amore, perché entrambi non sono che le maschere della loro energia; e se diventano cani sciolti allora acquistano un potere irrefrenabile."

Preso da: Haria - La Mappa delle Antiche Donne di Conoscenza - Rupe Mutevole

martedì 8 gennaio 2019

LA LUCE NEGLI OCCHI

E corro verso il bosco, libera di farlo. Nessuno mi insegue, nessuno mi chiama indietro. Lascio un mondo pavido e violento, vuoto e ridondante, casuale e intricato, che si compiace di ricercare perfezione e produce invece inganni, e ha ridotto la vita una strascicata esistenza prima della fine. La fine: parola spessa che riempie la bocca di tutti in questo giorno decisivo: mille anni dopo il "mille e non più mille" il mondo ripropone smarrimento, angoscia e paura negli occhi degli esseri umani; paura di non perpetuare la facile avventura che li ha resi servi di immagini, di oggetti e di un cartavalore; paura di perdere il certo e smarrirsi nell'incerto, paura di affrontare la propria anima allo specchio, paura di mettersi in gioco nella sfida per la consapevolezza, paura di dover riconoscere che un mondo diverso avrebbe indicato loro la via della libertà. Io, Haria Drusco, liquido quest'epoca virtuale con una corsa verso il bosco, luogo di bellezza; la luce verde nei miei occhi sa che domani tutto sarà lo stesso.

Preso da: Haria - La luce negli occhi - Rupe Mutevole

LA DEA ESTIA-VESTA

Estia: La dea del focolare e del tempio
Estia era la dea del focolare, o più precisamente, del fuoco che arde su un focolare rotondo. È la meno nota fra le divinità dell'Olimpo: insieme all'equivalente divinità romana, Vesta, fu raramente rappresentata da pittori e scultori con sembianze umane, ma la sua presenza si avvertiva nella fiamma viva, posta al centro della casa, del tempio e della città. Il simbolo di Estia era un cerchio. I suoi primi focolari erano rotondi e così i suoi templi. Né abitazione né tempio erano consacrati fino a che non vi aveva fatto ingresso Estia, che, con la sua presenza, rendeva sacro ogni edificio. Era una presenza avvertita a livello spirituale come fuoco sacro che forniva illuminazione, tepore e calore.


Genealogia e mitologia
Estia era la primogenita di Rea e di Crono, e quindi sorella maggiore degli dèi dell’Olimpo della prima generazione e zia nubile di quelli della seconda. 
Per diritto di nascita era una delle dodici maggiori divinità dell'Olimpo, dove tuttavia non abitava, cosicché non protestò quando Dioniso crebbe d'importanza e la sostituì nella cerchia dei dodici. 
Poiché non si coinvolse nelle storie di guerra che hanno tanta parte nella mitologia greca, è la meno conosciuta fra le divinità greche più importanti. 
Era tuttavia tenuta in grande onore e a Lei venivano destinate le offerte migliori che i mortali presentavano agli dèi. 
La breve mitologia di Estia è riferita in tre inni omerici. Viene descritta come 'la venerabile vergine Estia', una delle tre dee che Afrodite non riesce a sottomettere, a persuadere, a sedurre o anche soltanto a 'risvegliare a un piacevole desiderio'. 
Infatti Afrodite fece sì che Poseidone e Apollo si innamorassero di Estia, ma lei aveva fatto giuramento di restare vergine e così li respinse entrambi.


Rituali e culto
A differenza delle altre divinità, Estia non era nota per i miti e le rappresentazioni che la riguardavano: la sua importanza stava nei rituali simbolizzati dal fuoco. 
Perché una casa diventasse un focolare, era necessaria la sua presenza. Quando una coppia si sposava, la madre della sposa accendeva una torcia sul proprio focolare domestico e la portava agli sposi, nella nuova casa, perché accendessero il loro primo focolare. Questo atto consacrava la nuova dimora. 
Dopo la nascita di un figlio, aveva luogo un secondo rituale estiano. Quando il neonato aveva cinque giorni, veniva fatto girare intorno al focolare, come simbolo della sua ammissione nella famiglia. 
Allo stesso modo, ogni città-stato greca, nell'edificio principale, aveva un focolare comune dove ardeva un fuoco sacro. E in Ogni nuova comunità che veniva fondata si portava il fuoco sacro dalla città di origine per accenderlo nella nuova. 
Così, ogni volta che una coppia o una comunità si accingevano a fondare una nuova sede, Estia li seguiva come fuoco sacro, collegando la vecchia residenza con la nuova, forse come simbolo di continuità e di interdipendenza, di coscienza condivisa e d'identità comune. 
Più tardi, nell'antica Roma, Estia fu venerata come la dea Vesta. 
Qui il suo fuoco sacro univa tutti i cittadini in un'unica famiglia. Veniva custodito dalle Vestali, che dovevano incarnare la verginità e l’anonimato della Dea. In un certo senso, ne erano la rappresentazione umana, sue immagini viventi, al di là di ogni raffigurazione scolpita o pittorica. 
Le fanciulle scelte come vestali venivano portate al tempio in età molto giovane, per lo più quando non avevano ancora sei anni. Tutte vestite allo stesso modo, con i capelli rasati come neo iniziate, qualunque cosa le rendesse distinguibili e riconoscibili veniva eliminata. Vivevano isolate dagli altri, erano onorate e tenute a vivere come Estia: se venivano meno alla verginità le conseguenze erano atroci. I rapporti sessuali della vestale con un uomo profanavano la dea, e come punizione la vestale veniva sepolta viva in una piccola stanza sotterranea, priva di aria, con una lucerna, olio, cibo e un posto per dormire. La terra soprastante veniva poi livellata come se sotto non ci fosse niente. In tal modo la vita della vestale (personificazione della fiamma sacra di Estia) che cessava di impersonare la dea veniva spenta, gettandovi sopra la terra, come si fa per spegnere la brace ancora ardente nel focolare.


Estia-Vesta ed Ermes-Mercurio
Estia compariva spesso insieme a Ermes, messaggero degli dèi, noto ai romani come Mercurio. 
La prima sua effigie fu una pietra a forma di colonna, chiamata erma. Nelle case, il focolare rotondo di Estia era posto all'interno, mentre il pilastro fallico di Ermes si trovava sulla soglia. Il fuoco di Estia provvedeva calore e santificava la dimora, mentre Ermes rimaneva sulla soglia a portare fortuna e a tenere lontano il male. Anche nei templi queste due divinità erano legate l'una all'altra. 
Così, nelle dimore e nei templi, Estia ed Ermes erano insieme ma separati. Ciascuno dei due svolgeva una funzione distinta e preziosa. 
Estia provvedeva il luogo sacro dove la famiglia si riuniva insieme: il luogo dove fare ritorno a casa. 
Ermes dava protezione sulla soglia della porta ed era guida e compagno nel mondo, dove la comunicazione, la capacità di orientarsi, l'intelligenza e la buona fortuna sono tutti elementi assai importanti.


L'archetipo Estia
Estia era la maggiore delle tre dee vergini. A differenza delle altre due, non si avventurò nel mondo a esplorare luoghi selvaggi come Artemide, o a fondare città come Atena. Rimase nella casa o nel tempio, racchiusa all'interno del focolare.
A uno sguardo superficiale, l'anonima Estia sembra avere poco in comune con un'Artemide dalla vivace intraprendenza o con un'intelligente Atena dall'armatura dorata. Eppure, qualità fondamentali e impalpabili accomunavano le tre dee vergini, per quanto fossero diverse le loro sfere di interesse o le loro modalità d'azione. Tutte e tre erano “complete” in , se stesse', qualità che caratterizza la dea vergine. Nessuna di loro fu vittima di divinità maschili o di mortali. Ciascuna aveva la capacità di concentrarsi su quanto la interessava, senza lasciarsi distrarre dal bisogno altrui o dal proprio bisogno degli altri.
Estia è l'archetipo della concentrazione sul mondo interno. È il 'punto fermo' che dà senso all'attività, il punto di riferimento che consente a una donna di rimanere ben salda in mezzo al caos del mondo esterno, al disordine o alla consueta agitazione della vita quotidiana. Quando Estia è presente nella personalità di una donna, la sua vita acquista un senso. 
Il focolare di Estia, di forma circolare, con il fuoco sacro al centro, ha là stessa forma del mandala, un'immagine usata nella meditazione come simbolo di completezza e di totalità. A proposito del simbolismo dei mandala, Jung ha scritto: “Il loro motivo di base è l'idea di un centro della personalità, di una sorta di punto centrale all'interno dell' anima al quale tutto sia correlato, dal quale tutto sia ordinato e il quale sia al tempo stesso fonte di energia. L'energia del punto centrale si manifesta in una coazione pressoché irresistibile, in un impulso a divenire ciò che si è; così come ogni organismo è costretto, quali che siano le circostanze, ad assumere la forma caratteristica della propria natura. Questo centro non è sentito né pensato come lo, ma, se così 
si può dire, come Sé”.
Il Sé è ciò che sperimentiamo internamente quando sentiamo un rapporto di unità che ci collega all'essenza di tutto ciò che è fuori di noi. A questo livello spirituale, 'unione' e 'distacco' sono paradossalmente la stessa cosa. 
Quando ci sentiamo in contatto con una fonte interna di amore e di luce (metaforicamente, scaldate e illuminate da un fuoco spirituale), questo 'fuoco' scalda coloro che amiamo e con cui condividiamo il focolare e ci tiene in contatto con chi è lontano. 
Il sacro fuoco di Estia ardeva sul focolare domestico e nei templi. La dea e il fuoco erano una sola cosa e univano le famiglie l'una all'altra, le città-stato alle colonie. Estia era l'anello di congiunzione spirituale fra tutti loro. Quando questo archetipo permette la concentrazione sulla spiritualità, l'unione con gli altri è un' espressione del Sé.
Una coscienza focalizzata sul proprio mondo interno
L'archetipo Estia ha in comune con le altre due dee vergini una messa 'a fuoco' della coscienza (è la dea del 'focolare'). Tuttavia, l'orientamento di questa messa a fuoco è diverso. Artemide o Atena, che sono orientate verso il mondo esterno, si concentrano sul conseguimento di mete o sulla realizzazione di progetti. 
Estia invece si concentra sull'esperienza soggettiva interna: quando medita, ad esempio, è completamente concentrata. 
La percezione di Estia avviene attraverso lo sguardo interiore e l'intuizione di ciò che sta accadendo. La modalità estiana ci permette di stabilire un contatto con quelli che sono i nostri valori, mettendo a fuoco ciò che è significativo a livello personale. Grazie a questa polarizzazione interna noi possiamo percepire l'essenza di una situazione, intuire il carattere degli altri e comprenderne il modello di comportamento o il significato delle azioni. Questa prospettiva interiore dà chiarezza, in mezzo alla miriade di particolari confusi che si presentano ai nostri sensi. 
L'introversa Estia, quando si occupa di ciò che la interessa può anche diventare emotivamente distaccata e percettivamente disattenta a quanto la circonda. In aggiunta alla tendenza a ritirarsi dalla compagnia degli altri, il suo essere 'una in sè stessa' è una qualità che ricerca la tranquillità silenziosa, che si ritrova più di tutto nella solitudine.


La custode del focolare
Estia, in quanto dea del focolare, è l'archetipo attivo nelle donne che considerano le occupazioni domestiche un' attività significativa e non semplicemente 'le faccende di casa'. Con Estia, la cura del focolare diventa un mezzo attraverso il quale la donna, insieme alla casa, mette ordine nel proprio sé. 
La donna che è in contatto con questo aspetto archetipico, nello svolgere le mansioni quotidiane sente nascersi dentro un senso di armonia interiore. 
Attendere alle cure domestiche è un' attività che induce alla concentrazione e che equivale alla meditazione. Se dovesse parlare del proprio mondo interno, la donna Estia potrebbe scrivere un libro intitolato Lo Zen e l'arte della cura della casa. Si dedica alle faccende domestiche perché la interessano di per sé e perché le piace. Trae una pace profonda da quello che fa, come accade a ogni donna che vive in una comunità religiosa, per la quale ogni attività viene compiuta 'al servizio di Dio'. 
Quando Estia è presente, la donna si dedica ai lavori della casa con la sensazione di avere davanti a sé tutto il tempo possibile. Non tiene d'occhio l'orologio, perché non si muove sulla base di un orario e non 'inganna il tempo'. Si trova quindi in quello che i greci chiamavano kairos, tempo propizio: 'sta partecipando àl tempo', e ciò la nutre psicologicamente (come succede in quasi tutte le esperienze dove perdiamo il senso del tempo). Mentre smista e ripiega la biancheria, rigoverna i piatti e mette in ordine, non ha fretta, ed è pacificamente concentrata in ogni cosa che fa. 
Le custodi del focolare rimangono sullo sfondo mantenendo l'anonimato: spesso la loro presenza è data per scontata e non sono personalità che fanno notizia o diventano famose.

 

Estia ed Ermes: dualità archetipica
Il pilastro e l'anello circolare sono diventati rispettivamente il simbolo del principio maschile e di quello femminile. Nell'antica Grecia il pilastro era l'erma che si ergeva fuori della porta di casa e rappresentava Ermes, mentre il focolare à!l'interno simbolizzava Estia. 
In India e in altri paesi dell'oriente pilastro e cerchio sono 'accoppiati'. Il lingam fallico rivolto verso l'alto penetra la yoni o anello, che si trova sopra di lui, come nel gioco del lancio dei cerchi. Qui, pilastro e anello si fondono, mentre greci e romani mantennero collegati, ma separati, questi due simboli che rappresentavano Ermes e Estia. 
A sottolineare ulteriormente questa separazione, Estia è una dea vergine, che non verrà mai penetrata, è la più anziana degli dèi dell'Olimpo ed è anche la zia nubile di Ermes, che veniva considerato il più giovane tra loro: un'unione estremamente improbabile. 
Dal tempo dei greci in poi, le culture occidentali hanno messo l'accento sulla dualità, su una separazione o differenziazione fra maschile e femminile, mente e corpo, logos ed eros, attivo e ricettivo, che divennero tutti, rispettivamente, valori superiori e inferiori. 
Quando Estia ed Ermes venivano entrambi onorati presso il focolare domestico e nei templi, i valori femminili estiani erano, semmai, i più importanti: alla dea andavano infatti i più alti onori. A quei tempi la dualità era complementare. Ma da allora, Estia ha perso valore ed è stata dimenticata. I suoi fuochi sacri non vengono più custoditi e ciò che rappresentava non è più onorato. Quando i valori femminili legati al suo archetipo vengono dimenticati e disonorati, l'importanza del santuario interno - il viaggio interiore per trovare senso e pace - e della famiglia come santuario e sorgente di calore, diminuisce o va perduta. Scompare anche il senso di sottostante legame con gli altri, così come, negli abitanti di una città, di un paese o della terra, il bisogno di sentirsi uniti da un vincolo spirituale comune. 

Estia ed Ermes: unione mistica
A livello mistico, glin archetipi di Estia ed Ermes sono uniti attraverso l'immagine del fuoco sacro posto al centro. Ermes-Mercurio era lo spirito alchemico che veniva immaginato come l'elemento fuoco, un fuoco considerato fonte di conoscenza mistica e simbolicamente collocato al centro della terra. 
Estia ed Ermes rappresentano le idee archetipiche dello spirito e dell' anima. 
Ermes è lo spirito che accende l'anima. In questo senso, è come il vento che soffia sulla brace sotto cui cova il fuoco, al centro del focolare, e che fa alzare la fiamma. 
Allo stesso modo, le idee possono infiammare sentimenti profondi e le parole possono dare espressione a ciò che fino allora era rimasto inesprimibile e illuminare ciò che era stato percepito in modo oscuro.

Informazioni prese da: J: Shinoda Boolen, Le Dee dentro la Donna, Astrolabio

sabato 5 gennaio 2019

BETELGEUSE

Betelgeuse è la seconda stella più luminosa della costellazione di Orione, dopo Rigel, e, mediamente, la decima più brillante del cielo notturno vista ad occhio nudo, data la sua magnitudine apparente fissata sul valore medio di 0,58. È uno dei vertici dell'asterismo del Triangolo invernale, assieme a Sirio e Procione.
In arabo, il nome Betelgeuse può essere tradotto come “spalla del gigante”. Molte culture nel corso della storia hanno identificato Orione come un cacciatore o un gigante. Per gli antichi egizi, la costellazione era Osiride, un dio e re primordiale nella mitologia di quella cultura. In alcuni miti originari delle Americhe, rappresentava una ferita su Orione, forse a causa del colore rosso della stella. Betelgeuse è presente anche nella mitologia aborigena australiana, come tramandato attraverso la tradizione orale.


Betelgeuse è un oggetto colossale e molto luminoso.  E’ una supergigante rossa che si avvicina alle fasi finali del suo ciclo di vita, ha un diametro stimato intorno alle mille volte quello del Sole, con una luminosità assoluta di 100.000 volte quella solare. Stiamo parlando di un oggetto più grande dell’intera orbita di Giove – un fatto sorprendente da ricordare la prossima volta che si esce ad osservare questa stella.
Le sue immense dimensioni rendono però incerta anche la sua distanza, il che rende incerti anche i calcoli di altre proprietà (come la sua massa). La sua distanza è misurata dalla parallasse, che il satellite di Ipparco ha misurato in 6,55 milliarcseconds (che darebbe una distanza di 500 anni luce). Ma la stella stessa si estende per 45 milliarcsecondi nel cielo e come potete immaginare ciò complica le misurazioni dei suoi movimenti nel cielo. L’interferometria radio ha portato a misurazioni più precise della distanza di circa 640 anni luce nel 2008 (anche se le misurazioni combinate pubblicate nel 2017 indicano una distanza ancora maggiore di 720 anni luce). In definitiva, le squisite misure parallasse del satellite Gaia possono aiutare a decidere il dibattito a distanza.
Indipendentemente dalla sua distanza, le osservazioni ci portano a una cosa chiara: Betelgeuse è destinata ad esplodere come supernova relativamente presto, in termini astronomici. Presto potrebbe significare che ha altri 100.000 anni, o forse fino a un milione di anni da vivere, poco in termini astronomici.


Betelgeuse si può distinguere facilmente anche dalle grandi città: è infatti la decima stella più brillante del cielo se vista ad occhio nudo, la nona considerando singolarmentele componenti dei sistemi multipli; nella costellazione di Orione, costituisce il vertice nord-orientale, e spicca rispetto alle altre per il suo colore, un arancione intenso, che contrasta con l'azzurro tipico delle altre stelle luminose di quest'area di cielo. Costituisce inoltre il vertice nord-occidentale del grande e brillante asterismo del Triangolo invernale. Betelgeuse inizia a scorgersi bassa sull'orizzonte orientale nelle serate tardo-autunnali (inizio dicembre), ma è durante i mesi di gennaio e febbraio che l'astro domina il cielo notturno, essendo la stella di colore rosso vivo più brillante dell'inverno. Il mese di maggio invece la vede tramontare definitivamente sotto l'orizzonte ovest, tra le luci del crepuscolo; torna ad essere visibile ad est, poco prima dell'alba, nel mese di agosto.


La fine del mondo e i due Soli
Esistono profezie sulla fine del mondo che si collegano alla comparsa di “due Soli”, riportandoci all’ipotesi dell’esplosione di Betelgeuse.
Secondo gli Hopi il “quarto mondo”, cioè il nostro, finirà quando nel cielo compariranno due soli.
Anche Nostradamus in una sua quartina parla dell’Apocalisse finale quando nel cielo si vedranno apparire due soli:
«La Grande Stella nel Cielo Brillerà per Sette notti 
Nel cielo si vedranno apparire due soli 
Il Gran Mastino Urlerà tutta la notte 
quando il Gran Pontefice lascerà la sua terra»
Giulio Ossequiente, storico romano del IV secolo, nella sua opera “Il Libro dei Prodigi” (De Prodigiis) narra di avvistamenti, effettuati sia di giorno che di notte, riguardanti "scudi di fuoco", "torce", "più soli", "più lune", "ruote luminose" ecc., apparsi su Roma e su altri luoghi. Nel "De Prodigiis" vi è il disegno di due Soli che apparvero su Alba nel 204 a.C

Informazioni prese da:
gaetaniumberto.wordpress.com
shan-newspaper.com

giovedì 3 gennaio 2019

L'UROBOROS

L'Uroboros (Oroboro,Ouroboro, Ourorboros, Oroborus, Uroboros o Uroborus) è un termine che deriva dal Greco (ουροβóρος:coda), un altro etimo vorrebbe Uroboros come Re Serpente (Ouro come Re, ob come serpente).


L’Uroburo è l’immagine di un serpente (o un drago alato) che si morde la coda e la inghiotte.
In simbologia, infatti, il cerchio è anche associato all’ immagine del serpente che da sempre cambia pelle e quindi, in un certo senso, ringiovanisce. Si tratta di un simbolo - associato all'alchimia, all'ermetismo e allo gnosticismo - che rappresenta la teoria dell'eterno ritorno, la natura ciclica di tutte le cose. È associabile a tutto ciò che può essere rappresentato attraverso un ciclo che, dopo aver raggiunto la propria fine, ricomincia dall'inizio ancora una volta, all'infinito. 
Secondo Schwarz (L’immaginazione alchemica, Ediz. La Salamandra, 1980):
“Il concetto delle due nature ci introduce ad un altro elemento cardinale del pensiero alchemico, e cioè al concetto che l’impulso alla differenziazione della materia prima nei suoi componenti maschile e femminile è dato dalla lotta e dalla conseguente unione delle polarità fondamentali. L’incesto filosofale (coniunctio oppositorum) dell’Alchimista, realizza il filius philosophorum, l’immortale Androgino, che si identifica nella Pietra Filosofale, annunciata dalla sua nascita. Infatti il Rebis non è che il prodotto delle nozze alchemiche tra il Mercurio, la donna, il principio lunare, e lo Zolfo, l’uomo, il principio solare”.

L’Uroboro viene anche considerato simbolo dell’evoluzione che si conclude in sé stessa, e quindi dell’unità fondamentale del cosmo. Il motto “En to pan” (Uno il Tutto), che accompagnava spesso l’immagine, rimanda infatti al concetto che “tutto si trasforma, niente si crea e niente si distrugge” di uno dei padri della chimica moderna come Antoine-Laurent de Lavoisier. Questo significato non può non rinviare, a sua volta, al concetto, già citato, dell’Eterno ritorno, caposaldo della filosofia di Nietzsche: “Imprimere al divenire il carattere dell’essere, è questa la suprema volontà di potenza. Che tutto ritorni, è l’estremo avvicinamento del mondo del divenire a quello dell’essere: culmine della contemplazione.”



L'Uroboro può essere associato anche al simbolo dello Yin e Yang, che illustra la natura dualistica di tutte le cose e soprattutto gli opposti che si completano a vicenda. 
Il serpente è stato un simbolo fondamentale presso le popolazioni precolombiane, mediorientali, presso gli egizi, i celti e tante altre, ma forse è meno noto ai più il fatto che fosse un animale sacro anche presso le popolazioni del Nord e Centro America: in questo caso raffigurava e simboleggiava la rinascita. Il serpente perde la propria pelle quando è giunto il momento propizio ed è passionale fino alla morte. 
Il serpente è rappresentato in moltissime culture e nelle più disparate situazioni: per esempio il serpente che avvolge con le sue spire un bastone o un albero indica il potere (bastone) che si afferma attraverso l'evoluzione (serpente) fino a permeare l'intero pianeta.
Alcune sette gnostiche adoravano il serpente del paradiso che aveva destato nel cuore dell’uomo la bramosia della conoscenza. Questo serpente divenne un emblema alchimistico riprodotto nel libro di Cleopatra sulla fabbricazione dell’oro. Il corpo del serpente, metà chiaro e metà scuro, manifestava all’adepto che nel mondo materiale il bene e il male, la perfezione e l’imperfezione si congiungono insieme nella materia. Secondo gli alchimisti la materia è "uno e tutto".
Il terribile serpente del paradiso fu mutato dagli alchimisti nel benefico Urobos e questo, a sua volta, si trasformò nel dragone degli alchimisti. Una bella incisione contenuta nel libro di Lambsprinck La Pietra Filosofale, mostra il dragone che vive nella foresta e che si morde la coda.



Questo serpente divora se stesso. E' maschile e femminile. E’ dentro, ed è fuori. E’ caos ed è ordine.

informazioni prese da:
www.latelanera.com
www.fuocosacro.com